Giovanni Frajese: sottoposti ad una sperimentazione, a rischio il nostro DNA


Giovanni Frajese è un noto endocrinologo e professore universitario che ha sollevato importanti obiezioni sulla sicurezza dei vaccini realizzati contro il COVID19, lo abbiamo intervistato.

Professor Frajese le Sue dichiarazioni riguardo ai sieri genici utilizzati nella strategia contro l’epidemia di COVID19 hanno suscitato un certo disappunto. Come mai?

Io ho sollevato innanzi tutto una questione di metodo. L’approvazione dei sieri genici contro il Covid19 non è stata semplicemente una procedura accelerata, in nome dell’urgenza non si è rispettato alcun metodo che si possa dire scientifico. L’approvazione di un trattamento del genere impiegherebbe almeno una decina di anni mentre in questo caso è stato fatto uno studio clinico di fase tre in due mesi. Come se non bastasse in questa fase ad un certo punto è stato anche tolto il gruppo di controllo. Se ne potrebbero dire delle altre, ma credo che quanto detto basti per intuire di cosa parlo.

Mi sta dicendo che lo studio di fase tre non è stato uno studio a doppio cieco randomizzato, che rappresenta lo standard di riferimento per qualsiasi studio che voglia dirsi scientifico?

Esattamente così. Abbiamo esposto la popolazione mondiale ad un trattamento genico mai provato finora, ricordo infatti che questo è il primo vaccino a mRNA mai provato per trattare patologie infettive, e l’abbiamo fatto senza alcuna evidenza che si possa dire per lo meno seria, se non proprio scientifica. L’approvazione da parte degli organi competenti è stato qualcosa che assomiglia più ad un atto di fede che ad un atto procedente da un razionale scientifico.

Le potrei obiettare che adesso che praticamente tutto il mondo ovvero centinaia di milioni di persone sono state vaccinate, possiamo finalmente affermare che la sperimentazione è stata fatta o comunque che oramai di queste sperimentazioni non ce n’è più bisogno, no?

Mi spiace ma qui Lei si sbaglia. Anche se sottoponessimo tutta la popolazione del pianeta ad un qualsiasi trattamento mai provato prima, esso non smetterebbe di essere sperimentale. La sperimentazione, come dicevamo prima a proposito dello studio randomizzato a doppio cieco, ha delle regole e queste regole non sono messe lì a casaccio bensì hanno un razionale tale che il loro rispetto è alla base della solidità del pensiero scientifico moderno. La lunghezza stessa della sperimentazione non è legata a questioni burocratiche ma piuttosto ai tempi biologici. Ancora oggi che abbiamo vaccinato milioni di persone abbiamo sulla testa la spada di Damocle dei possibili effetti collaterali a medio e lungo termine che nessuno può fugare se non il tempo, ed in effetti qualcosa sta venendo fuori.

Cosa intende, potrebbe dirci di più a proposito?

Innanzi tutto vorrei ricordare come in Israele ci sia fermati con la somministrazione della quarta dose, perché non ha garantito una efficacia significativa anche nel breve. Dopo un certo tempo dalla seconda dose, sei, sette mesi, sembra esserci un valore protettivo negativo, in altre parole i vaccinati sembrano ammalarsi con maggiore facilità rispetto ai non vaccinati, diciamo che si ha l’impressione come di una rimodulazione del sistema immunitario, ma questo non è tutto. Ci sono prove sperimentali secondo cui RNA somministrato con i vaccini potrebbe andare a modificare il DNA della cellula. Vi è uno studio svedese che dimostra come ciò sia possibile tramite delle trascrittasi inverse nelle linee cellulari epatiche.

Cosa comporterebbe questa eventualità?

Cosa comporterebbe nella pratica oggi nessuno può dirlo, ed il punto è proprio questo, ovvero i possibili effetti sono imprevedibili. Andare a toccare il DNA dell’uomo significa giocare con qualcosa le cui possibili conseguenze impongono un principio di precauzione assoluta, che non c’è stato. 

Allora alla luce di questi possibili effetti a lungo termine la somministrazione alle età pediatriche dovrebbe essere ancora più prudente.

Proprio così. Senza tenere conto in aggiunta che l’efficacia del vaccino in età pediatrica è molto dubbia. Come tutti sanno infatti lo studio sulla popolazione pediatrica ha avuto numeri poco significativi dal punto di vista scientifico ma alla gente è stato fatto credere una cosa per l’altra. Le spiego. In questo studio sono stati arruolati circa 2000 bambini tra i 12 e 16 anni di età.

Nel gruppo sottoposto al vaccino nessun bambino si è ammalato mentre in quello controllo, cioè quello non sottoposto al siero sperimentale, 16 soggetti sono stati contagiati. È stato detto in virtù di questi dati, che il vaccino forniva una protezione del 100%, ma questo è assurdo ed illogico perché allora dovremmo dire che il placebo ha un effetto protettivo dell’98% (16 su 1000 si sono ammalati)! Tutto questo solo per dare un esempio di come sia possibile manipolare i dati in modo da far passare dei messaggi falsi.

Mi scusi però come è possibile che la comunità scientifica abbia potuto far passare sotto silenzio tutto ciò?

Questa è un punto importante. La comunità scientifica ha una struttura piramidale secondo cui chi sta sotto accetta quello che dicono quelli sopra. Per come è strutturata la medicina oggi è impossibile che tutti i medici leggano tutto, la maggior parte danno per scontato che chi sta sopra in questa piramide immaginaria lo abbia fatto per loro. Per questo motivo ritengo che gli accademici abbiano una grossa responsabilità a riguardo.

Gli universitari sono venuti meno alla loro funzione di verifica?

In ultima analisi è così, non certo tutti, molti hanno cercato come me di far sentire la propria voce, non ultima l’iniziativa del gruppo della Great Barrington Declaration che non è affatto trascurabile sia in termini di autorevolezza sia in numeri assoluti, ma il problema è complesso. Sicuramente non tutti gli accademici hanno il livello o una abnegazione tale nel proprio lavoro da far sì che vadano oltre la lettura del riassunto di un lavoro.

Saper leggere in modo critico un lavoro scientifico non è cosa scontata. E poi bisogna ricordare che esiste un altro livello al di sopra di quello puramente accademico ovvero quello del mondo delle riviste scientifiche più blasonate. È molto difficile, quasi impossibile, mettere in discussione ciò che viene pubblicato in queste riviste, la loro forza persuasiva è tale che esse rappresentano in qualche modo la negazione del processo di verifica scientifica.

Ne abbiamo avuto un chiaro esempio nella vicenda che ha coinvolto la rivista “The Lancet” nel 2021 riguardo agli studi sulla non efficacia della Clorochina, dati inventati da una software house con due dipendenti, che ha pubblicato un ipotetico studio con migliaia di pazienti su cinque continenti. L’articolo poi è stato ritirato perché qualcuno ha fatto notare all’editor la strana vicenda.

Non basta dichiarare i propri conflitti di interessi perché questi non vi siano più, come pure durante questa pandemia i processi di revisione dei lavori sono stati a tal punto velocizzati, a volte un solo giorno, da far sospettare che non ci siano stati affatto. Di certo l’affidabilità della scienza è direttamente proporzionale alla sua distanza dall’interesse economico.

Va bene, ma allora cosa avrebbero dovuto fare i governi secondo lei per fronteggiare l’epidemia?

Io credo ci sia stato in partenza una sorta di catastrofismo non aderente alla realtà che ha complicato non poco le cose e mi riferisco alle proiezioni dell’andamento dell’epidemia tramite i modelli matematici prodotti dall’Imperial College. Per inciso vorrei ricordare che così come esiste l’effetto placebo dobbiamo riconoscere l’esistenza di un effetto nocebo. La paura non ha mai aiutato la medicina, o le persone.

L’altra mia critica riguarda in secondo luogo l’aver puntato tutte le risorse sulla vaccinazione a mRNA trascurando una quantità di altri filoni di ricerca possibili, specie relativamente a regimi terapeutici come antinfiammatori, cortisonici, farmaci antiretrovirali, molecole per inattivare i recettori dell’ACE, insomma cure capaci di curare la malattia in una emergenza attuale nell’immediato, perché serve ora, più che prevenirla. Altro che tachipirina e vigile attesa. Ricordo che sono più di 40 anni che si cerca di fare vaccini contro i coronavirus e non ci siamo mai riusciti a causa delle rapide mutazioni che fanno perdere efficacia ai vaccini in breve tempo.    

Mi permetto di chiudere con una domanda personale ma che in fondo intravedo tra le righe delle sue parole. È evidente che Lei sta combattendo una battaglia di verità, ci sono diverse difficoltà che probabilmente nel prossimo futuro dovrà affrontare a causa delle sue posizioni, e già questo ci dovrebbe far riflettere sui tempi che stiamo vivendo, non ultimo il richiamo che Le è stato fatto dall’Ordine dei Medici di cui aspettiamo gli esiti. Cosa la spinge a continuare e cosa ha imparato finora in questa sua esperienza?

La grossa perdita che abbiamo avuto nella gestione della pandemia è stata l’umanità, cioè abbiamo trasformato l’umanità in numeri, le sue interazioni in pixel perdendo così in rapporti umani. L’aridità digitale ci ha fatto perdere l’amore tra medico e paziente, la fratellanza, la condivisione, l’umanità che colma lo spazio tra persone sofferenti e bisognose di aiuto. Normalmente nei momenti di sofferenza l’uomo riscopre la propria umanità, nei periodi di guerra la maggior parte degli esseri umani riscoprono la loro fratellanza, lo spirito di condivisione.

Negli accadimenti dell’epidemia di covid invece abbiamo avuto esattamente il contrario ovvero una separazione, quasi una paura dell’uno verso l’altro, un peggioramento del rapporto medico paziente, un aumento della distanza tra amici e anche all’interno delle famiglie, insomma abbiamo vissuto questi accadimenti in modo negativo e perciò sono venute meno quelle risorse che da sempre hanno permesso agli uomini di uscire in modo rigenerato dagli accadimenti nefasti.

Questo mondo così come lo viviamo non è stato scelto dalle persone, il nostro futuro non viene disegnato da noi stessi ma secondo politiche che provengono chissà da dove. Quanti di noi sono d’accordo con le modalità del mondo in cui viviamo? La democrazia sembra essere sempre più un’illusione.

Personalmente sono stupito dal silenzio accademico rispetto alle mie esternazioni, fatte pochissime eccezioni, ma soprattutto sono stato toccato dall’affetto di tante persone che hanno percepito l’umanità che c’è dentro alle mie parole e che mi hanno fatto arrivare in tante forme il loro ringraziamento e affetto, cosa di cui sono umilmente grato.