Imran Khan sfiduciato, affondato il nuovo Pakistan

Imran Khan nel 2018 aveva vinto le elezioni promettendo  un “Nuovo Pakistan”, uno stato sociale islamico avente al primo posto i bisogni di oltre 220 milioni di persone in maggioranza impoverite e prive di opportunità. A ostacolargli il cammino un’inflazione dilagante e un pesante debito estero, ma la sopravvivenza o la caduta di un governo si misura principalmente sul grado di libertà che si concede in politica estera.

Il Pakistan è uno stato federale composto da province etnicamente e linguisticamente diversificate. La scena politica è dominata da due partiti principali. La Lega Musulmana del Pakistan, di centro destra, fondato e gestito da Nawaz Sharif fino all’incriminazione nel 2017 per coinvolgimento nello scandalo dei Panama Papers. Il Movimento per la Giustizia in Pakistan fondato da Imran Khan,  uscito vincitore dalle elezioni del luglio 2018. La contrapposizione di Khan con la famiglia Sharif è di lunga data, costellata da reciproche accuse di brogli o malversazioni.

2022, Marzo: l’opposizione raccoglie i voti necessari per la sfiducia al premier, il 3 Aprile Khan scioglie la legislatura sostenendo trattarsi di una cospirazione straniera, l’opposizione si rivolge alla Corte Suprema, per quattro giorni le Istituzioni rimangono in sospeso, l’8 il verdetto accoglie  l’istanza dell’opposizione.

Il giorno successivo il Parlamento si è riunito, gli interventi sono andati per le lunghe e Khan ha insistito “Non accoglierò un nuovo governo che viene dall’estero” dichiarandosi in possesso della pistola fumante: un messaggio diplomatico privato dell’ambasciatore a Washington che rivela minacce al governo pakistano da parte di un funzionario statunitense. Tesi ovviamente smentita dagli Usa. Lo speaker del parlamento, dopo aver preso visione del documento segreto, si dimette, il che conduce a un avvicendamento: il nuovo incaricato mette la mozione di sfiducia in votazione all’Assemblea.

Nelle prime ore del 10 aprile, 174 parlamentari, 2 più del necessario, sui 348 che compongono il Parlamento hanno approvato. L’incarico di Primo Ministro passerà, presumibilmente, al leader dell’opposizione, Shehbaz Sharif, che conserverà la carica ad interim fino alle elezioni in autunno. Per la prima volta un governo pakistano cade in parlamento anziché per un colpo di stato militare, tuttavia la sfiducia sarebbe stata impossibile senza il tacito assenso dell’esercito. Il sito cinese di news CGNT riporta un titolo significativo “La corruzione politica spesso produce interferenze militari” Imran Khan ha commentato il voto con un’espressione simile al nostro mercato delle vacche.

Impossibile addentrarsi nelle misteriose relazioni politiche intrecciate dietro le quinte, ma è possibile soffermarsi sulla politica estera di Khan e chiedersi come le sue mosse siano state valutate nel centro di potere più invasivo della scena internazionale: Washington.

Si parta dalle relazioni India-Pakistan che dal 1947 al 1999 sono sfociate in conflitti armati sulla massima questione del contendere: il Kashmir. La regione è spartita in tre aere, per due di queste entrambi gli stati rivendicano la sovranità, la terza area, lo  Xinjiang, è  sotto controllo cinese. Il Kashmir è un nodo inestricabile di territori, di differenze culturali, di estraneità religiose fra induisti e musulmani, di rivendicazioni indipendentiste locali.

Nel 2019, in una fase di gravissima tensione, che aveva coinvolto anche la Cina contro l’India, Imran Khan era stato esplicito nel suo discorso alla nazione «Voglio parlare ai capi di Stato, e portare all’attenzione di tutti la situazione attuale del Kashmir. Se la questione si risolverà con una guerra, ricordate che entrambi i Paesi hanno armi nucleari. E nessuno vincerebbe una guerra nucleare, perché la distruzione non si limiterebbe solo a questa regione: il mondo intero dovrebbe affrontarne le conseguenze».

Nel  2021 si parlò apertamente di dialogo fra il premier indiano Narendra Modi e  Imran Khan, pur tenendo presente che apparati rivali e strutture militari in entrambi i paesi non vedevano questo processo con favore; inoltre Modi governa sul 14% di popolazione indiana composta da Musulmani che egli considera una quinta colonna pakistana. Durante la crisi che ha portato a sfiduciare a Khan, Modi è stato oggetto di lusinghe incrociate: il capo della Lega Musulmana Pakistana Sharif gli ha fatto visita, Khan lo ha pubblicamente lodato per la sua strenua difesa dell’indipendenza dell’India.

Negli anni del governo Khan si è verificato quello che i media hanno definito lo strano patto asiatico Cina-India-Pakistan. Con la crisi dell’Ucraina, le consonanze fra le tre potenze asiatiche innervosiscono la Casa Bianca.
Pakistan e Cina celebrano la loro amicizia con un esteso documento comune, siglato al termine della visita – su invito speciale della leadership cinese –  dal 3 al 6 febbraio di Khan da Xi Jinping. La Cina riafferma il suo sostegno al Pakistan nel “salvaguardare la sua sovranità, indipendenza e sicurezza, nonché nel promuovere il suo sviluppo socioeconomico e la sua prosperità”. Il Pakistan, da parte sua esprime “il suo impegno per la politica della Cina unica e il sostegno alla Cina su Taiwan, Mar Cinese Meridionale, Hong Kong, Xinjiang e Tibet”.

Ha una certa importanza notare che il 4 febbraio anche Putin era a Pechino per ” l’inaugurazione delle Olimpiadi invernali ” e con l’occasione Cina e Russia hanno sottoscritto contratti e si sono promesse sostegno reciproco per quanto concerne la politica estera.
India e Cina hanno visto numerosi incontri fra i leader, il cui tono è riassunto in una dichiarazione del 2019 “«Gestiremo le differenze con prudenza e non permetteremo che diventino dispute».

Con lo scoppio del conflitto in Ucraina e le sanzioni internazionali contro Mosca, Cina India e Pakistan si sono trovati allineati nel persistere con gli acquisti di gas, petrolio e carbone dalla Russia. Vediamo le reazioni degli Usa.
“Quando si guarda come stanno cambiando le cose nella regione, New Delhi deve valutare in questo momento con chi vuole lavorare” ha scritto il Washington Post, riportando posizioni ufficiali; e il vice consigliere per la Sicurezza Nazionale, Daleep Singh, si è recato a Nuova Delhi per una due giorni di colloqui con alti funzionari indiani. Un trattamento suadente e motivato “È possibile capire perché l’India non stia criticando la Russia per l’invasione dell’Ucraina. Delhi e Mosca hanno un rapporto amichevole che risale all’epoca sovietica e oggi la Russia è il più grande fornitore di armi dell’India”

Diverso il tono riservato al Pakistan. Ancora dal Washington Post “Il primo ministro pakistano non avrebbe potuto scegliere momento peggiore per fare amicizia con Vladimir Putin”.

Khan, infatti, è l’unico leader straniero ad aver incontrato Putin a Mosca dallo scoppio del conflitto in Ucraina. Il New York Times riporta la voce ufficiale: “Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha affermato di essere a conoscenza della visita del signor Khan e di sperare che il Pakistan, come tutti i paesi, esprima obiezioni all’azione del signor Putin in Ucraina, soprattutto vista la partnership di lunga data tra Islamabad e Washington.”
La tempistica: Restaci fedele, Khan non ha recepito, Khan sfiduciato.