Il Cavaliere di Andalusia, Capitolo 2.1: la saggia della tribù dei Banu Muthayl

Il Haaj si fermò per qualche minuto per permettere che almeno parte dei misteri che aveva svelato al giovane venissero assorbiti. La gentile brezza dell’alba sfiorava il volto dei due con pacata gentilezza e per Abqar il tempo sembrava fermarsi. Quando la brezza si calmò, Haaj Sari’a fece un sospiro accompagnato da un sorriso e poi continuò dicendo “Hai sentito parlare del mathal che narra della donna che ardentemente desiderava divenire cavaliere?
Un secolo fa, uno dei villaggi marittimi dell’Ovest dell’Andalusia era famoso per i cavalieri formidabili che la tribù dei Banu Muthail produceva. La tribù ottenne fama, rispetto, e privilegi grazie a ciò ma questo fu raggiunto col favore di Allah ed il sangue ed il sudore versato dai membri della famiglia dove vi era sempre almeno un maschio nella discendenza che nasceva con un talento speciale per essere cavaliere e che lo passava ai discendenti. In una generazione però Allah li mise alla prova e non fece nascere dal loro seme alcun maschio, solo femmine ed il talento fu posto nel cuore di Shamsiyya, la più piccola fra loro. Ma essendo femmina nessuno lo notò, neanche la stessa Shamsiyya.

‘Perché stai sempre coi cavalli Shamsiyya? Non perder tempo!’ Veniva detto alla giovane di continuo che dal canto suo non riusciva a stare lontana da quell’ animale da cui era costantemente meravigliata e ancor di più in virtù del dono di intuire i loro pensieri e le loro emozioni che Allah le concesse.
La tribù dei Muthayl si preparò ad anni di difficoltà e ristrettezze a cui la mancanza di maschi e dunque di cavalieri avrebbe portato fino a che Allah li mise ulteriormente alla prova: tutti i preziosi cavalli della tribù si ammalarono e dopo decenni di investimenti questo avrebbe portato sicuramente alla rovina della famiglia.


Nessuno capì cosa avessero i cavalli che lentamente iniziarono a morire fino a che un giorno Shamsiyya riuscì a sgattaiolare nelle stalle mentre i dottori ed i capi tribù erano lì a visitare i destrieri. Mentre i presenti si prendevano cura di uno dei cavalli malati, Shamsiyya si avvicinò e col suo dono intuì che ciò che causava malessere ai cavalli era nel loro stomaco.

‘Hanno male allo stomaco, magari hanno mangiato qualcosa di cattivo?’ Disse innocentemente la giovane.
I capi tribù furono inizialmente stupiti dalla presenza della giovane ma essi, nonostante fossero in estrema difficoltà, erano uomini di onore e non avrebbero rimproverato la piccola per la sua naturale curiosità che è simbolo di una mente forte. Nella disperazione uno di loro si rivolse verso il medico.
‘È possibile?’ Chiese il capo tribù al medico.

‘Ma no! I cavalli ricevono gli alimenti della migliore qualità di tutta l’Andalusia da anni.’ Notò il medico.
‘Non abbiamo nulla da perdere a questo punto,’ disse un altro capo tribù. ‘Cambiamo cibo, assicuriamoci di seguire l’origine del prodotto dall’inizio, e che Allah sollevi da noi questa musibah.’

Dopo aver cambiato il cibo, i cavalli si ripresero in pochi giorni e quando chiesero a Shamsiyya come lo avesse saputo lei rispose che i cavalli glielo avevano mostrato. I capi tribù non si accontentarono della risposta inziale della giovane e dopo molte domande che rivolsero a Shamsiyya essi capirono il dono che Allah concesse alla giovane, un dono veramente unico che le permetteva di andare oltre le apparenze e di essere più vicina alla reale essenza delle cose.

Ognuno di noi, infatti, interpreta la creazione nel modo che Allah ha voluto. Forme, colori, sapori, suoni. Ma la ragazza occasionalmente riusciva a percepire i suoni come colori, le forme come profumi e così via. Shamsiyya non vedeva il destriero riconoscendolo solo in virtù della sua forma, la sua coda, o la sua criniera. Ella percepiva un giorno il destriero come insieme di suoni, un altro come un insieme di colori e profumi ed altri come la forma che comunemente associamo al cavallo. Ed è proprio così che Shamsiyya percepiva il destriero come una sinfonia o come insieme profumi scorgendo ciò che era oltre le forme ed oltre i limiti del visibile e sfiorando l’essenza del destriero oltre tutte quelle permutazioni che lei percepiva di giorno in giorno.

Capisci, ghulam? È qui che risiede il segreto del reale e dell’essenza delle cose. È internalizzando ciò che la differenza fra destriero e cavaliere quasi si annulla. Allah ci insegna che sappiamo poco dell’idea di anima ma questa storia – questo esempio – svela un primo passo per intuire il mondo reale che si cela dietro l’apparente e che ci può permettere di comprenderlo meglio e comprendere noi stessi. E se ti chiedi se ciò sia limitato solo alla relazione fra destriero e cavaliere sai bene la risposta: no, riguarda tutto, walillahi al hamd – lode ad Allah.”

Quando il Haaj finì il suo racconto un grande sonno ricoprii il giovane come una veste e il Haaj lo notò. Abqar non si era ancora ripreso dalla fatica del viaggio ed il suo corpo chiedeva riposo e ancor più la sua mente dopo aver udito i segreti svelati dall’anziano stalliere.

“Ora va a riposare,” disse il Haaj ponendo la mano sulla spalla del ragazzo “parleremo domani.” Abqar capì la grandezza spirituale dell’uomo che aveva di fronte a sé e dopo un attimo di smarrimento preso dalla stanchezza chinò il capo in segno di riverenza, salutò il Haaj e si diresse verso le sue stanze guidato da Mut’im che avvertendo l’umore di Abqar non osò proferire parola oltre ad augurargli la pace ed una buona notte.

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