Il Cavaliere di Andalusia, Capitolo 2.2: la visione di Abqar e la risposta del Haaj

Abqar trovò nel sonno un rifugio effimero. La narrazione di Haaj Sari’a lo aveva scosso, portandolo ai confini dell’incredulità. Nonostante il peso delle parole, il giovane riuscì a chiudere gli occhi solo per brevi momenti, e poi si dedicò ad una mattinata di preghiera e meditazione, implorando il Faatir, l’Architetto dell’Universo, di illuminare il suo cuore e la sua mente sulla verità di quella  storia.

Ora tutto ciò che Abqar vedeva aveva un’aura diversa. Era incredibile come il ‘semplice’ sapere avesse trasformato la sua percezione del mondo. Pur rimanendo immutabile nella sua essenza, tutto gli sembrava differente. Si sentiva come un bambino che, di fronte a una pagina scritta, vede soltanto macchie  senza senso per poi scoprire il potere delle parole e vedere quelle forme mutevoli trasformarsi in storie e significati profondi.

Era consapevole che non avrebbe potuto comprendere pienamente l’importanza di quella storia in poco tempo, ma tale realizzazione lo inondò di una strana felicità. Nulla di grande valore viene ottenuto facilmente. Dopo aver trascorso la mattinata in preghiera nella stanza offertagli dal Haaj, quando il sole raggiunse lo zenit si diresse alla moschea per la preghiera del dhuhur. Tornato nella sua stanza, trovò infine il sonno, immergendosi nei suoi sogni nelle ore calde del pomeriggio.

“Salam sia su di te oh studente del cavaliere.” Disse la voce.

“Salam.” Rispose Abqar automaticamente sentendosi come se fosse più spettatore che attore.

“Abbi Taqwa del tuo Signore che dalle ombre osservano i due avventori.

Sii umile oh cavaliere e studente di un cavaliere.

E cavalca il tuo destriero nell’amore e nel dolore.

Ecco il segreto che ti svela del Creatore il Consigliere:

Dalle stalle il Cavaliere di Andalusia  sorge

Col volere di Allah per unire ciò che è separato.

L’assemblea dei destrieri delle steppe il suo dorso porge

A colui che il proprio cuore ed il mondo sa cavalcare.”

“Cavalcare…! Abqar! Mi senti?” La voce impaziente trapelava dalla giovane bocca di Mut’im, l’apprendista di Haaj Sari’a. “Il Maestro desidera vederti in sella!” L’entusiasmo nella sua voce sottolineava l’eccezionalità dell’offerta del Haaji. Eppure, Mut’im non sembrava comprendere l’importanza di quella opportunità, né il motivo per cui venisse offerta a questo misterioso visitatore. Che cosa aveva visto il Maestro in Abqar?

Ancora avvolto dalla nebbia del sonno, Abqar cercò di focalizzarsi. Ciò che aveva visto era stato solo un sogno, oppure era una visione mandata dal divino? Per lui, i sogni non erano mai semplici fantasie notturne. Potevano essere messaggi diretti dal Creatore – quegli ultimi barlumi di profezia rimasti agli uomini – oppure rivelazioni profonde del suo io interiore. Ma ora non era il momento di sondare gli abissi del sogno; era il momento di dimostrare il suo valore di fronte a Haaj Sari’a e Abqar era consapevole che conquistare la fiducia del Maestro non sarebbe stata una passeggiata.

La cavalcata era prevista al di fuori delle possenti mura della città. Mentre il sole tingeva il cielo di sfumature brillanti, Abqar, dopo essersi vestito e preso un pasto veloce, seguì le orme impazienti del giovane Mut’im verso l’area designata per la prova. Ogni passo era accompagnato dai pensieri di Abqar che ribollivano nella sua mente: sapeva che questa non sarebbe stata una prova ordinaria.

L’incontro con Haaj Sari’a aveva rivelato che l’esame non riguardava solo abilità e tecnica. Abqar non avrebbe dovuto dimostrare solo quanto fosse abile in sella, ma anche il legame profondo, quasi mistico, con il suo destriero. Sakb, il suo fedele cavallo, non era solo un semplice mezzo di trasporto; era un partner, un testimone silente delle qualità del suo padrone.

Per avere successo non era sufficiente la sinergia tra mente, cuore, e abilità. Sakb doveva essere in sintonia perfetta con Abqar, rispondendo a ogni minimo comando con precisione. C’era sicuramente nel cuore del giovane la speranza che Haaj Sari’a avrebbe potuto apprezzare la dedizione e l’onestà e che ciò sarebbe stato sufficiente per diventare apprendista. Tuttavia, il giovane cavaliere non era disposto a lasciare nulla al caso: era il momento di dare il massimo, di mostrare tutto il suo valore e il suo spirito.

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