Nel lavoro l’attitudine è importante quanto la competenza ma non importa a nessuno

La società abbisogna di tutti. La società ideale dovrebbe avere la capacità mettere la persona giusta nel posto giusto. Questo significherebbe essere una società più efficiente ed individui meglio realizzati. Ciò ha a che fare con le attitudini, con la natura, con le inclinazioni di ciascuna persona. La nostra società ha invece ridotto tutto ad una questione di competenze.

Quante volte ci siamo chiesti se il posto che occupiamo nella società sia il posto giusto per noi? O in altri termini se il nostro lavoro sia quello per cui siamo tagliati? Molti sognano di fare altro nella prossima improbabile vita, altri più modestamente aspettano la pensione per iniziarne una seconda, questo perché il posto che occupano nella società non è il posto adatto a loro. La maggior parte delle persone, a prescindere che abbiano avuto più o meno la possibilità di scegliere un determinato lavoro, sono state selezionate per le loro competenze.

Il medico fa il medico perché ha ottenuto un diploma di laurea in medicina, cosi l’avvocato o l’ingegnere hanno ottenuto tramite lo studio le competenze tecniche per accedere a determinate posizioni. Ma chiunque abbia percorso la strada della formazione sa che manca qualcosa all’appello, manca qualcosa in quel percorso che lo ha portato ad occupare quella determinata posizione.

Il grande assente in questo quadro è invece la capacità di saper individuare ed indirizzare di conseguenza le persone verso il percorso a loro più confacente. C’è qualcuno che abbia mai detto al medico o all’avvocato che avete di fronte che quello che stanno esercitando è il lavoro giusto per loro? Probabilmente no. Pochi hanno la fortuna di essere indirizzati a seconda delle proprie disposizioni naturali, ancora meno sono quelli che sanno riconoscere e seguire una loro propria vocazione.

Chiaramente quest’ultima eventualità sarebbe la cosa più auspicabile. Ai nostri ragazzi chiediamo quello che gli piacerebbe fare da grandi e magari cerchiamo di consigliarli a seconda delle convenienze che pensiamo di intravedere per loro, ma quanto badiamo alle loro inclinazioni naturali? Quanto promuoviamo in loro una presa di coscienza sulla propria vocazione? E soprattutto, chi e come si possono valutare le attitudini di ciascuno?

Pochi sanno che la medicina omeopatica potrebbe essere la risposta questa esigenza cosi trascurata. Il medico omeopata valuta le inclinazioni dell’individuo, sa calmierarne gli eccessi, ha i mezzi per conoscere la persona nella sua totalità e quindi dispone di un punto di vista utile per consigliare al paziente la strada migliore. L’omeopatia insegna ad esempio a distinguere chi è portato per essere un buon giudice e chi per essere un buon avvocato, chi ha inclinazioni per gli affari commerciali e chi invece ha più un talento artistico creativo, chi è nato per dirigere e chi per eseguire e cosi via.

Ci sarebbero degli indubbi vantaggi sia in termini individuali che sociali a poter indirizzare le future generazioni in questi termini. La società ha bisogno di tutti, i differenti caratteri dovrebbero essere il discrimine per la distribuzione dei compiti, dei ruoli, delle responsabilità. Eppure questa scienza dello svelamento del carattere dell’uomo è cosi trascurata dalla medicina quanto dalla società.

Siamo attrezzatissimi per fronteggiare tutte le malattie e cosi poco accorti nel promuovere il benessere profondo degli individui. La società reale vuole costruire un muro e utilizza sassi di diverse forme e dimensioni come fossero mattoni. La società ideale è un muro a secco dove ogni sasso occupa il suo giusto posto.

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