“Nella Chiesa c’è chi ucciderebbe Francesco”: intervista a Giovanni Sarrubbi

Si moltiplicano le voci di un’escalation delle latenti tensioni in seno alla Chiesa Cattolica, per comprendere quanto ci sia di vero e quale situazione stia attraversando il papato di Francesco abbiamo parlato con Giovanni Sarrubbi, Direttore del sito Il Dialogo.org edIdeatore e promotore della Giornata del Dialogo Cristiano-Musulmano che quest’anno vivrà la sua 18esima edizione.

Uno sceneggiato distribuito dalla piattaforma Netflix racconta la storia romanzata delle dimissioni di papa Ratzinger esaltando in qualche modo le caratteristiche di entrambi i papi e presentando una transizione che non deve essere stata indolore in modo edulcorato. Lo hai visto? Cosa ne pensi?

 

Non ho visto il film ma ricordo bene cosa è successo quando Ratzinger diede le dimissioni. Giungevano al culmine della crisi più profonda che il papato ha mai vissuto nei suoi 1700 anni di storia. Crisi innanzitutto economica, con le finanze vaticane del tutto fuori controllo e in balia degli appetiti di vere e proprie bande di “monsignori” e superiori di “ordini religiosi” che operavano in combutta con organizzazioni criminali o grandi capitalisti.

Ma anche crisi morale per lo scandalo dei preti pedofili che ha interessato personaggi vicinissimi a Papa Wojtila. E il pesante regresso a prima del Vaticano II impresso alla chiesa con il lungo pontificato di Giovanni Paolo II (quasi 27 anni) e gli otto di Ratzinger, che hanno coinvolto la Chiesa Cattolica con la politica imperiale statunitense e le peggiori dittature sudamericane (Pinochet, Videla), con la lotta aperta contro la teologia della liberazione e la complicità con tutti gli omicidi perpetrati in sud America contro gli esponenti di tale corrente teologica nata dopo il Concilio Vaticano II, a cominciare da quello di Oscar Romero. 

E senza dimenticare l’incapacità personale a dirigere e le continue gaffe internazionali di un Ratzinger che alla fine ha fatto il gran rifiuto e si è dimesso. Questa è stata l’unica cosa buona che ha fatto nel suo pontificato.

Oggi la situazione venutasi a creare nel Vaticano, dopo le dimissioni di Benedetto XVI, continua ad alimentare rumors di ogni genere. Il fatto che ci siano in realtà due Papi non ci interessa in termini dottrinali da cui siamo estranei. Sarebbe invece utile comprendere se la compresenza di due papi eletti così diversi per impostazione politica e culturale possa condurre davvero ad acclarare una spaccatura nella Chiesa cattolica Romana che molti dicono già essere in atto da tempo.

Il fatto che ci siano due papi è la tesi che vogliono accreditare tutti coloro che sono contrari alla politica che sta seguendo Papa Francesco. Ma il Papa è uno solo e tutta la procedura che ha portato alle dimissioni di Ratzinger e alla convocazione di un nuovo Conclave per la elezioni del suo successore sono codificate dai tempi di Celestino V che per primo si dimise da Papa nel 1294. Del resto Ratzinger ha giurato fedeltà a Francesco all’atto delle sue dimissioni ma ciò non impedisce a chi si oppone a Papa Francesco di usare la sua figura e la sua teologia per andare contro l’unico Papa regnante. Che la Chiesa Cattolica stia vivendo profonde contraddizioni è sotto gli occhi di tutti ma non è una novità nella sua quasi bimillenaria Storia. Ricordiamo lo Scisma d’Occidente o Grande Scisma che per quasi quarant’anni, dal 1378 al 1417, lacerò la Chiesa occidentale sulla scia dello scontro fra papi e antipapi per il controllo del soglio pontificio. Non si può escludere che qualcuno possa spingere per uno scisma ma al momento non lo ritengo probabile. Il pozzo oscuro nel quale la chiesa cattolica è stata sprofondato dai pontificati di Wojtyła e Ratzinger è difficile da risalire. L’oscurantismo che essi hanno sostenuto e diffuso non da alcuna credibilità agli oppositori di Francesco che sono legati strettamente con la politica sovranista dei Trump, Bolsonaro, Salvini et simili, che predicano una religione dell’odio e della violenza, nettamente antievangelica. Se fossero forti avrebbero già da tempo fatto fuori fisicamente Papa Francesco.

La vicenda del Sinodo sull’Amazzonia dove molti si aspettavano che cadesse, per quella fattispecie, il divieto del celibato dei sacerdoti, ha alimentato ancora di più la percezione che il papa emerito non abbia per nulla rinunciato al suo ruolo di guardiano dell’ortodossia disciplinare anche scontrandosi con quello regnante che, in questo caso ha dovuto abozzare e rinuciare al suo progetto. E’ andata così?

Tutti si aspettavano che Papa Francesco abolisse il celibato ecclesiastico per la chiesa latina, riforma che il 70% del recente sinodo Amazzonico ha chiesto, ma questa decisione non c’è stata. E così, i sostenitori della chiesa sovranista, che ripercorre gli stessi passi e ideologie dei “cristiani tedeschi” nazisti e fascisti, hanno gridato alla vittoria e alla sconfitta di Francesco che avrebbe così dovuto “abbozzare” e fare marcia indietro. Ma non è così. Questa è una interpretazione faziosa e tendenziosa. Il cuore del documento «è la lotta contro il “peccato ecologico”, che uccide i poveri e la Terra».

E per la prima volta il cuore del documento è scritto già nelle prime pagine di un testo che non sembra affogato in una marea di “teologia” inutile. Papa Francesco non ha abolito il celibato ecclesiastico ma non ha abolito neanche il documento finale del Sinodo che lo richiede e anzi ha invitato tutti a studiarlo e a praticarlo. “Non intendo né sostituirlo né ripeterlo”, ha scritto immediatamente Francesco. Fedele alla sinodalità vuole che siano le comunità di base a farsi carico della propria vita. La questione del celibato ecclesiastico è secondaria, il problema centrale immediato è quello ecologico e sociale e Francesco vuole una chiesa impegnata su tali terreni e lo dice subito parlando di «un’Amazzonia che lotti per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità sia promossa” difendendo “la ricchezza culturale e la bellezza umana e naturale che la distingue». Francesco chiede cioè alla Chiesa una conversione sociale ed ecologica. Credo che la Chiesa Cattolica incarnata da Ratzinger e soci non sarà contenta di questo documento. Sono loro che hanno “abbozzato” gridando alla sconfitta di Francesco. Loro vogliono il celibato ecclesiastico ma anche una chiesa che non lotti contro il capitalismo.

Nel maggio 2016, tre anni dopo il “gran rifiuto” di Benedetto XVII, mons. Gänswein, suo segretario personale e Prefetto della Casa Pontificia (fino alla rimozione decretata da Francesco qualche settimana fa), affermò: “non esserci due Papi, ma un ministero allargato con un membro attivo ed uno contemplativo”. Puoi spiegarci questa affermazione?

È il tentativo di costruire attorno a Ratzinger un ruolo teologico e un mandato divino ma nulla di più. Ratzinger quando si dimise aveva portato al quasi fallimento anche il business delle udienze papali del mercoledì e della domenica con piazza San Pietro sempre più vuota. Ratzinger non suscitava emozioni quando era papa regnante, figurarsi ora che fa “il papa contemplativo”. Quella di Gänswein è l’ennesima dichiarazione della crisi profonda che vive la teologia Ratzingeriana che ha caratterizzato sia il suo pontificato che quello di Giovanni Paolo II.

In conclusione, da conoscitore e attento osservatore delle dinamiche cristiane pensi che il prossimo Sinodo della Chiesa cattolica tedesca (dove Ratzinger conta numerosi e forse maggioritari seguaci) possa decretare qualcosa di significativo e dar vita ad uno scisma contemporaneo che è sottotraccia dal tempo di mons. Lefebvre?

Nessuno ovviamente può escludere nulla. La lotta in Vaticano è senza esclusione di colpi ed è alla luce del sole. Ma non credo che al momento ci possano essere i pericoli di uno scisma come quello di mons. Lefevre la cui marginalità e insignificanza è sotto gli occhi di tutti. Quel tipo di chiesa è quello preconciliare, legato al fascismo e al nazismo.

È una religione “instrumentum regni”, oppressiva e violenta, nemica dell’umanità, che ha tentato, per 35 anni circa, di riportare indietro l’orologio della storia con i pontificati di Giovanni Paolo II prima e di Benedetto XVI poi, ma le contraddizioni fra la religione nata a Nicea nel 325 d.C., voluta dall’imperatore Costantino, e il messaggio evangelico, credo sia arrivata alla fine del suo percorso.

E qualunque cosa accada nei prossimi anni quella religione è destinata ad essere sempre più marginale e destinata alla pattumiera della Storia. E questo vale, io credo, per tutte le religioni che nel corso della loro Storia sono evolute verso forme oppressive e legate ai poteri economici e politici delle varie società nelle quali esse si sono sviluppate.

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