Report sull’islamofobia in Europa: parla Nada Dosti co-autrice per l’Albania

É stato pubblicato il Rapporto europeo sull’islamofobia.

Il rapporto rileva che varie piattaforme online, inclusi portali di notizie e social network, costituiscono gli strumenti principali per promuovere l’incitamento all’odio contro i musulmani. Queste piattaforme sono utilizzate da giornalisti, personaggi pubblici e cittadini per diffondere sentimenti anti-musulmani, abbiamo intervistato Nada Dosti, co-autrice del Report per l’area dei Balcani e contributor de La Luce. 

Innanzitutto, cos’è il rapporto europeo sull’islamofobia?

Il rapporto è un progetto ideato e compilato da Enes Bayrakli, professore di relazioni internazionali presso l’Università Turco-Tedesca con sede a Istanbul, e Farid Hafez, scienziato politico della Georgetown University Bridge Initiative. Per 5 anni consecutivi (dal primo volume del 2015 al quinto volume del 2019) il rapporto è stato supportato e pubblicato dal think tank turco SETA e sponsorizzato dall’Unione Europea. L’ultimo volume, ovvero quello del 2020, ha come promotori diverse organizzazioni: Othering & Belonging Institute; Rutgers Center for Security; Race and Rights; San Francisco State University; Islamophobia Studies Center; Leopold Weiss institute.

Il documento è una raccolta di rapporti nazionali che include contributi di 37 accademici, esperti e attivisti della società civile, che coprono 31 paesi europei, ed evidenzia le pratiche di diversi governi in Europa che discriminano i musulmani e gli sforzi dei politici di estrema destra volti a legalizzare l’anti-islamismo.

Quali aree copre il rapporto? 

All’inizio, per ogni paese viene fornita una panoramica sotto forma di un “Profilo generale del paese” in cui il lettore può essere introdotto alla sua situazione demografica, ai principali partiti politici che vi operano, alla presenza in termini percentuali delle diverse confessioni religiose, alle organizzazioni e comunità musulmane che vi sono presenti, ecc…

Il lettore viene quindi introdotto allo stato generale dell’islamofobia nel paese, agli attacchi islamofobi che vi si verificano, e può poi seguire un’analisi dell’islamofobia sul lavoro, nel sistema educativo (istruzione), nella politica, nei media, su Internet, nel sistema giudiziario. Vi appare poi una panoramica delle figure più importanti che producono e promuovono l’islamofobia, e si individuano le organizzazioni che si impegnano ad affrontare e combattere l’islamofobia, con iniziative importanti e suggerimenti e raccomandazioni per affrontare il problema dell’islamofobia. Una cronologia dei principali eventi dell’anno chiude il rapporto.

Cosa caratterizza l’islamofobia nella regione dei Balcani e quali pensi siano alcune caratteristiche comuni?

Prima di tutto, in Albania, l’islamofobia è principalmente correlata a politiche identitarie che riflettono i tentativi di plasmare l’identità collettiva della nazione rifiutando l’Islam e abbracciando l’Europa, dove l’Europa e l’Islam sono visti come entità che si escludono a vicenda.

Inoltre, l’islamofobia e la turcofobia in Albania sono fortemente correlate, e quest’ultima costituisce solo un aspetto del sentimento anti-musulmano generale. Turchi, arabi, iraniani o altre nazioni musulmane sono considerati parte dell’ “Oriente islamico”, considerato contrario all’integrazione degli albanesi in Europa. La retorica dello “scontro di civiltà” mette insieme l’Impero Ottomano, l’Islam e la Repubblica dell’attuale Turchia.

A differenza dell’Albania, negli altri territori con albanesi (Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro ecc.) va sottolineata la forte presenza di sentimenti anti-musulmani dovuti all’etnia o alla religione: i musulmani di questi paesi appartengono a diverse comunità etniche e nazionali. La discriminazione è quindi talvolta solo religiosa o mista, perché riunisce l’ostilità per l’identità religiosa all’ostilità per l’identità nazionale/etnica.

Nonostante che i musulmani siano presenti da secoli in questi paesi, la retorica anti-islamica e le politiche discriminatorie nei loro confronti sono le stesse in uso nei paesi dove i musulmani sono arrivati in tempi relativamente recenti.

La pandemia di Covid-19 ha alimentato la retorica islamofoba in tutto il mondo, incolpando spesso i musulmani di diffondere il virus. Come si riflette questo in Albania?

L’anno 2020 è stato in tutto il mondo l’anno della pandemia di COVID-19, che si è diffusa ampiamente anche in Europa. La pandemia ha influenzato anche l’islamofobia. Da un lato, in alcuni paesi, per via delle restrizioni parziali o totali imposte dai rispettivi governi, ha fatto diminuire l’islamofobia nel mondo reale per farla spostare nel mondo online, diffondendola soprattutto sui social network.

L’Islam e i musulmani sono stati associati alla pandemia e al Covid-19, la qual cosa ha fatto crescere l’odio per i musulmani e l’islamofobia in tutto il mondo. In Albania c’è stata la stessa tendenza a presentare i musulmani come responsabili della diffusione del virus, soprattutto durante il periodo del Ramadan e dell’Eid. Con l’avvento del Ramadan, c’è stato un tentativo da parte dei principali portali di lingua albanese in Albania, Kosovo e Macedonia del Nord di diffondere questa narrativa di paura e panico nella realtà albanese (portando traduzioni di articoli stranieri come DW Lingua Albanese).

I rapporti sull’islamofobia pubblicati sin dal 2015 affermano che i media e i social network in particolare sono il dominio in cui l’islamofobia viene mostrata più apertamente..

Varie piattaforme online, come portali di notizie e social network, sono gli strumenti principali per promuovere l’incitamento all’odio contro i musulmani. Queste piattaforme sono utilizzate da giornalisti, da personaggi pubblici e da semplici cittadini per diffondere sentimenti anti-musulmani. Questo probabilmente accade perché chiunque abbia accesso ai social network può raggiungere un pubblico più ampio e di conseguenza far diventare virale molto rapidamente il proprio discorso. La natura stessa dei social network fa sì che il dibattito sia stimolato e diffuso, amplificando temi delicati, coinvolgendo sempre di più le persone, cosa che costituisce uno dei loro obiettivi principali.

Ritieni che l’islamofobia sia adeguatamente affrontata dalla comunità musulmana in Albania? E quale pensi debba essere il ruolo del fattore politico nell’affrontare questo fenomeno?

Ci sono alcuni volontari che cercano di affrontare l’islamofobia grazie al monitoraggio continuo di portali e media, per esempio, Observer.al, Muslimania.al, Gazeta Impakt, Tesheshi.com, Mexhlisi.com, Anadolu Agency Shqip, ecc.

Nonostante ci siano diverse agenzie dell’Unione Europea e iniziative di diverse Ambasciate in Albania, che monitorano fenomeni come l’incitamento all’odio, il razzismo e la discriminazione in vari campi, vi sono anche numerose organizzazioni religiose poco interessate ad occuparsi del monitoraggio e della denuncia dell’islamofobia nel Paese e nella regione, e vi è una mancanza di monitoraggio ufficiale e istituzionale.

La comunità musulmana in Albania o nella regione è spesso riluttante a denunciare episodi di islamofobia perché teme conseguenze legali o perché non si fida del sistema e quindi mancano dati o statistiche che sarebbero stati molto utili per combattere l’islamofobia a livelli decisionali (policymaking).