La mistica della musica secondo Franco Mussida

Da anni impegnato nella ricerca sul rapporto tra musica ed emozioni, lo storico chitarrista della PFM Franco Mussida ha esposto la sua concezione mistica della musica al corso Zipoli, Corso di Formazione alla Spiritualità nella Musica, diretto da due padri gesuiti e giunto alla sua quarta edizione nel 2020. 

Nell’estate 2017 si svolse a Palermo la prima edizione del corso Zipoli, un Corso di Formazione alla Spiritualità nella Musica diretto dai padri gesuiti Eraldo Cacchione e Fausto Gianfreda. Per la seconda edizione Franco Mussida venne invitato a tenere un seminario da cui il suo ultimo libro Il mistero che trasforma la musica in emozioni (2020, Pazzini) che poi è stato presentato nell’ambito dell’edizione 2020 del corso. Come racconta egli stesso nel libro, lasciato libero di scegliere il tema da trattare Mussida arriva alla vigilia del seminario senza aver deciso di cosa parlare. Poi l’ispirazione gli suggerisce la “presunzione” di azzardare una libera rilettura del Prologo del Vangelo di Giovanni dal punto di vista di un non addetto ai lavori che di professione fa il musicista. Ma musicista era anche il missionario gesuita Domenico Zipoli, da cui il nome del corso, quindi forse i presupposti c’erano.

Il musicista e la religione

Sono laico, sono cristiano, e sono un musicista.

Si apre così la premessa del libro sul seminario al corso Zipoli di Franco Mussida. La nota di rilevo è il “sono cristiano” perché, a parte quelli che fanno dell’appartenenza religiosa una bandiera che copre la propria immagine (e nel mondo della musica i casi sono pochi, e quasi mai sono i più bravi), difficilmente un artista si sente a proprio agio in quella che da tempo è considerata come una gabbia: la professione di un credo religioso.

Non c’è nulla di dogmatico nella concezione del sacro nella musica di Franco Mussida il quale nelle conclusioni del libro si augura che “si sviluppi una strada etica da percorre in piena libertà ed autonomia”. Descrivendo poi l’aria che si respirava al seminario dice che era “come se fossimo accolti da una comune corrente spirituale che supera ogni confessione religiosa o culturale, una corrente laica”.

Però mai nel testo c’è quella fastidiosa posizione da “esterno” alla religione che i più dei suoi colleghi si sarebbero affrettati a sottolineare. Un cristiano laico è un cristiano che non è né un prete né un frate ma resta sempre un cristiano. “Se fossi stato un prete avrei senz’altro preferito essere un gesuita” arriva a scrivere Mussida quando racconta di essersi informato sull’ordine dei gesuiti proprio per l’occasione. Ma non è un prete bensì un musicista che, senza gridarlo, contempla “la sacralità dell’elemento musicale… una sacralità non riconosciuta, se non negata” partendo dall’assunzione che “in questo suo legarsi all’uomo in modo diretto e profondo nella Musica si manifesta un Mistero”.  

Una concezione mistica della musica 

Nel suo modello di rappresentazione del rapporto tra Musica ed Emozioni (Il Pianeta della Musica, 2019) Franco Mussida descrive due “pianeti”: il Pianeta della Musica ed il Pianeta degli Affetti. Il primo è una sorta si sistema operativo da cui i musicisti attingono per creare musica, ed il secondo è la struttura affettiva universale dell’essere umano che si ri-specchia nel pianeta della musica. In questa reciproca riflessione c’è un velo che si frappone tra i due specchi ed è costituito dal filtro emotivo del singolo ascoltatore, la sua componente individuale.

Questo modello fa a meno dell’elemento spirituale, ma non lo esclude. Nell’ambito del seminario al corso Zipoli la dimensione spirituale è invece emersa ed il modello bipolare è diventato una relazione a tre. “Una visione triangolare che lega la natura vibrante della musica con l’energia vitale ed emotiva presente nell’uomo, e quella vibrante e omnicomprensiva che permea la vita nella natura e nel creato”. Il terzo polo ora esplicitato è il riflesso, o meglio l’eco, dell’origine di questa dimensione emozionale che vive dentro di noi, che riflettiamo nella musica e che può essere stimolata in noi dalla musica. L’origine è il Verbo, il Logos creatore del Vangelo di Giovanni, “Verbo come un flusso sonoro di calore vibrante. Un flusso vibrante d’amore, generato dalla Verità del Cuore di Dio che, con questo suo gesto iniziale, ha dato vita al tempo e all’esistenza”.

A questo punto la musica diventa “il risultato terreno, concreto, di una ispirata opera dell’uomo che coinvolge una sostanza fine di cui il suono è veicolo e portatore. Una sostanza che vibra e ci fa vibrare, che scalda e muove l’intimo del nostro essere. Che sia proprio questa sostanza il dono più prezioso che ci è stato fatto? Un lascito vibrante di vita incastonato in quell’oro del suono, la musica, che riflette anche ora la sostanza dell’origine?”

Sul Prologo del Vangelo di Giovanni

Le parole del Vangelo di Giovanni esercitano da sempre un fascino diverso rispetto ai Vangeli sinottici. Uno dei motivi è il suo prologo con quel suo ricollegarsi al Principio: “In principio era il Verbo”. Se fosse stato scritto in una lingua semitica questo Vangelo inizierebbe con la lettera “B”, come la “Bet” ebraica di “Bereshit” (“In principio”) con cui si apre il libro della Genesi, e come la “Ba” araba di Bismillah (“Nel nome di Dio”) con cui si apre il Corano. Questa lettera, per l’alfabeto ebraico come per quello arabo, nel sistema abjad ha valore numerico pari a 2 e rappresenta appunto la dualità intrinseca nel creato, cioè nel mondo fenomenico creato da Dio. 

La ri-lettura di Franco Mussida del Prologo del Vangelo di Giovanni può essere almeno indirettamente ricondotta alle sue speculazioni esperienziali sull’intervallisica musicale (La Musica Ignorata, 2013) e il testo del suo seminario al corso Zipoli è accompagnato dalle immagini di alcune sue opere sugli intervalli musicali, come a voler “musicare” i versi dell’Evangelista. 

“In principio era il Verbo, ed il Verbo era presso Dio, ed il Verbo era Dio” è associato all’intervallo di prima, una melodia sul punto di dispiegarsi ma ancora tutta raccolta sulla prima nota, un intervallo che per Mussida evoca la ‘forza della saggezza’. Si passa poi dalla terza maggiore, la ‘speranza’, alla terza minore, la ‘malinconia’, quando a “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni cosa” segue “Era nel mondo… eppure il mondo non l’ha riconosciuto”. I versi su Giovanni Battista invece vengono accompagnati da una sequenza melodica discendente: “Venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni”, intervallo di sesta, ‘forza del calore che crea’; “Egli venne… per dare testimonianza alla luce…”, quinta eccedente, ‘forza della fluidità’; “non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce”, quarta eccedente, ‘forza dell’ambiguità’, nel significato arcaico della parola ambiguità che indica perplessità, incertezza.

L’intervallo di quarta eccedente ha infatti un potere quasi ipnotico, e Mussida parla degli intervalli di quarta come di una soglia tra il ‘vivere dentro’ degli intervalli più piccoli e il ‘vivere fuori’ degli intervalli più grandi. Nel caso in questione la soglia è il Battista che testimoniava la luce, e lo stato di perplessità è la condizione di chi, toccato da una siffatta testimonianza, viene indotto a passare dal ‘fuori’ al ‘dentro’. 

Il visionario da seguire

Il libro si chiude con la proposta di assegnare alla musica un ruolo nuovo, e di avviare nuovi filoni di ricerca. Questa visione presuppone anche una riforma dell’insegnamento musicale nelle scuole. E’ una proposta visionaria che, del pari di quelle di Adriano Olivetti e Franco Basaglia, andrebbe portata all’attenzione della politica. “In questa nuova veste la Musica, in quanto elemento bonificatore della sfera emotiva, potrà essere uno straordinario viatico, se non un elemento fondante, per dar corpo ad una nuova forma di ecologia, una ecologia salutare per l’uomo e per l’organismo sociale: l’Ecologia dei Sentimenti”. 

Nella babele scientista e sensazionalistica generata dalla pandemia in corso questa pubblicazione è la nota stonata più bella che il 2020 avrebbe mai potuto regalarci.